La stanza degli ufficiali by Marc Dugain

La stanza degli ufficiali by Marc Dugain

autore:Marc Dugain [Dugain, Marc]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Ponte alle Grazie
pubblicato: 2024-07-14T12:39:26+00:00


Weil propose che chiedessimo un permesso di uscita per il 14 luglio.4 L’idea non mi entusiasmava. Secondo Penanster era arrivata l’ora di affrontare il mondo. Per Marguerite era ancora troppo, davvero troppo presto.

Il problema della tenuta da adottare fu risolto subito con la decisione di uscire in divisa e con le bende. Io ero riuscito a recuperare la mia divisa. Per miracolo, era approdata alla lavanderia dell’ospedale ed era tornata impeccabile, mentre mi aspettavo di ritrovarla sfigurata come me. Penanster si fece prestare l’uniforme da un ufficiale di cavalleria del primo piano. Weil non riuscì a mettere le mani su una divisa da aviatore e alla fine s’infilò in quella di un tenente di fanteria. Le maniche della giacca gli arrivavano a metà braccio e l’orlo dei pantaloni riusciva a malapena a coprire quello dei calzini.

Il drappello dei ‘naufraghi’ si mise in moto verso le undici di mattina. Non ricordo di aver mai provato, in nessun momento della vita, una paura così profonda. Nemmeno prima delle operazioni più impegnative avevo mai sentito una simile angoscia, una simile vertigine. Era come se mi avessero imposto di attraversare Parigi saltando di tetto in tetto.

Scendendo verso la Senna, Penanster, decisamente il più presentabile di noi tre, camminava davanti a tutti a testa alta. Poi veniva Weil, lo sguardo in orizzontale. Io chiudevo la fila, gli occhi ostinatamente puntati sui tombini.

Il cielo, di un azzurro slavato, sembrava rimescolato dai venti d’alta quota.

Un anziano signore che rincasava dopo la passeggiata mattutina si fermò sulla soglia del suo stabile. Ci fissò lentamente a uno a uno, poi alzò il cappello a mo’ di saluto. Non mi ero mai reso conto che potesse esserci tanta aria, fuori. Al punto di diventare opprimente, come ogni elemento che s’imponga al di là del necessario.

Parigi sembrava deserta. Donne, poche, persone anziane, come se un intero paese fosse partito per chissà dove.

A cinquanta metri, uno stuolo di bambini guidati da una ragazza bionda veniva dritto verso di noi. Era giunto il momento di rientrare. Tirai i miei compagni per la manica. Ma Weil era deciso a comprarsi un croissant. Per quanto gli spiegassimo che era già difficile trovare del pane, lui si ostinava, come se volesse dare uno scopo alla nostra passeggiata. All’angolo del viale c’era una panetteria. La vetrina era vuota; la panettiera ci apparve di schiena: stava lustrando il banco. Weil entrò per primo nel negozio con noi al seguito, attaccati a lui come vagoni a una locomotiva. La donna si voltò. Gli occhi sgranati, mollò lo straccio e una pagnottella di farina scura che teneva nell’altra mano. La pagnottella rotolò per immobilizzarsi ai piedi di Weil. Senza lasciargli il tempo di raccoglierla, la panettiera si precipitò a riprendere ciò che era suo, come chi strappi il proprio figlio dalle mani di un estraneo. La pagnotta stretta al petto, la donna arretrò fin dietro il banco. Penanster avanzò, fingendo di ignorare il suo spavento, e le disse molto educatamente: «Tre croissant, prego».

«Croissant! Croissant! Nemmeno per sogno!» rispose la donna. «Ho soltanto pane nero, due pagnotte, e sono già vendute».



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